- Come scegliere a chi affidarsi per intraprendere un percorso di psicoterapia?
Esistono diversi approcci in campo psicoterapeutico. La distinzione avviene sia per i destinatari dell’intervento: psicoterapie per il bambino, per l’adolescente, per l’adulto; sia per la modalità di intervento: si agisce a livello familiare, di coppia, di gruppo e, naturalmente, a livello individuale.
Oltre alla distinzione per metodi, esiste poi una distinzione per modelli teorici di intervento: abbiamo così un modello psicoanalitico-psicodinamico, gruppo-analitico, cognitivo-comportamentale, sistemico, gestaltico, bioenergetico, analitico transazionale, etc.
Ciascun orientamento presenta una propria teoria della mente che sottende alle tecniche utilizzate e un proprio concetto di cambiamento. Alcuni modelli teorici funzionano bene per certe tipologie di disturbi e meno per altre; altri modelli, invece, agiscono bene sulla totalità dei disturbi psicologici e delle situazioni disfunzionali.
Tutti gli approcci condividono alcuni aspetti:
- Atteggiamento di cura e attenzione verso il paziente.
- Ascolto non giudicante.
- Libera espressione dei vissuti.
- Lettura differente della realtà.
- Segreto professionale.
La scelta dello psicoterapeuta e dello specifico approccio è però solo secondaria allo sviluppo di una buona relazione e alleanza terapeutica. Avere fiducia nel professionista e trovare una buona sintonia faciliterà il dialogo, l’espressione del disagio e, di conseguenza, la cura.
Rispetto ad altre figure, lo psicoterapeuta deve però anche “piacere”, nel senso che un paziente deve all’inizio sentirsi accettato e in sintonia con lo specialista. Con l’evolversi del processo psicoterapeutico inevitabilmente sorgeranno momenti di disagio (si affronteranno temi delicati), ma è importante che il paziente si senta a proprio agio con lo psicoterapeuta.
La psicoterapia infatti rappresenta un percorso da costruire insieme, specialista e paziente, ed è sostanzialmente diversa da una visita medica, dove il rapporto medico/paziente non incide necessariamente sul risultato finale (un buon oculista non deve necessariamente essere empatico).